Provenienti dal Whitney Museum di New York, i lavori di 18 artisti, attraverso 49 opere, vengono esposti a Milano in onore della corrente dell’Espressionismo Astratto sviluppatasi tra gli anni 30 e 60 in America. Con la scoperta di questi nuovi mezzi espressivi l’asse culturale artistica mondiale viene spostata dall’Europa all’America.
In quegli anni, in America, dopo la fine della guerra, sembrava essere tutto tranquillo, lo stato era uscito quasi indenne dal conflitto mondiale, l’economia si era ripresa, la bomba atomica rendeva la nazione più sicura, ma un forte malessere era presente nella società americana e ciò portò alla nascita della Beat Generation che attraverso il mezzo della poesia, della letteratura, del cinema, sollecitava i giovani americani a non credere nella trappola del consumismo ma a pensare con la propria testa ribellandosi e liberandosi dalle regole. La nuova generazione cercava quindi nuovi modi di esprimersi. Anche gli artisti dell’Espressionismo Astratto, pur molto diversi tra di loro condividono un atteggiamento esistenziale di rivolta contro ogni tradizione mentale e artistica e cercano invece una nuova libertà di espressione.
Al contrario dei grandi movimenti del 900 come Futurismo, Surrealismo, Dadaismo, l’Espressionismo Astratto non ha un manifesto, ma gli artisti hanno in comune alcune scelte evidenti come il rifiuto di qualsiasi forma di realismo, quindi della pittura figurativa per andare invece incontro a forme astratte, espresse in modi diversi: action painting, dripping, gestualità architettonica, color-field... Ogni artista ha quindi il suo modo di esprimersi.
Nel 1950 venne organizzata una mostra al Metropolitan Museum of Art di New York, dedicata all’arte contemporanea americana, ma i pittori che dagli anni 30 avevano sviluppato un nuovo linguaggio pittorico non erano stati invitati. Gli artisti che facevano parte del movimento come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Mark Rothko, Robert Motherwell, Barnett Newman e altri protestarono in maniera ufficiale per questa scelta e fu proprio questo episodio che diede loro il nome di “irascibili”. Ma con una forma ancora più significativa di protesta, in un gruppo di 15 irascibili, si fecero fotografare da una famosa fotografa di moda, vestiti da banchieri. Al centro Jackson Pollock, con lui Willem de Kooning, Mark Rothko, Barnett Newman e Robert Motherwell, Adolph Gottlieb, William Baziotes, James Brooks, Bradley Walker Tomlin, Jimmy Ernst, Ad Reinhardt, Richard Pousette-Dart, Theodoros Stamos, Clyfford Still e Hedda Sterne, unica donna del gruppo. La collezionista Peggy Guggenheim è una delle prime a credere nella nuova generazione di artisti che lavorano in America. A New York nel 1942 inaugurerà la galleria Art of This Century, che diventerà il punto di riferimento per promuovere le novità artistiche del momento.
Centro della mostra di Milano è Jackson Pollock, personaggio tormentato e sregolato ma innovatore. Egli infatti toglie la tela dal cavalletto, posizionandola a terra, e concentra la sua attenzione sull’atto di fare arte, sull’azione fisica e libera della creazione dell’artista. Pollock utilizza colore e vernici industriali o ad olio, molto diluiti e li distribuisce sulla tela con bastoni, pennelli larghi o direttamente dal barattolo bucato e fatto sgocciolare dall’alto con movimenti ampi, senza mai far toccare lo strumento sulla tela. Tutto ciò è accompagnato da uno stato di trance e di semi-incoscienza dell’artista, simile ai riti delle tribù indiane a cui si ispira. Le tele di Pollock si fanno sempre più grandi con il passare degli anni e i colori più accesi e violenti. La sua opera Number 27, del 1950, è la protagonista della mostra, si tratta di un olio su tela che misura 124 x 269 cm, in cui l’aspetto fondamentale è l’equilibrio fra le pennellate di nero e la fusione dei colori più chiari, distribuiti sulla tela attraverso la tecnica dell’action painting, che genera un tema indecifrabile.
Accanto a Jackson Pollock troviamo Lee Krasner, la moglie, che dovette cambiare il nome di battesimo poiché il mondo dell’arte era talmente maschilista che una donna non sarebbe stata accettata facilmente. Tanti altri sono presenti, Willem de Kooning,Franz Kline, Arshile Gorky, Robert Motherwell, Ad Reinhardt, Mark Rothko, Adolph Gottlieb, Clyfford Still, David Smith, Barnett Newman, Sam Francis, James Brooks, Hedda Sterne, Helen Frankenthaler, William Baziotes e Bradley Walker Tomlin.
Personaggio importante è anche Franz Kline, che sarà fedele al suo stile astratto per tutta la sua produzione, presentando tele monocrome, bianche o rosse, attraversate da larghe pennellate di colore nero. Questo connubio trasforma i quadri in violenti esplosioni di energia. Anche Willem de Kooning è un personaggio di spicco tra gli irascibili del gruppo, che con il suo colore acceso procede per strati, rifacimenti e cancellature, approccio tipico della sua espressività. Marc Rothko chiude la mostra con due grandi opere, in cui il colore è organizzato in poche aree rettangolari, distribuite l’una sull’altra orizzontalmente. Questi diversi campi di colore si sfiorano creando vibrazioni tonali capaci di far fibrillare di energia dinamica l’intera superficie del quadro, modificando le percezioni dello spettatore, che ha la sensazione di essere assorbito nell’ampiezza e nella profondità cromatica del dipinto.
Questa mostra ha lo scopo di proporre una visione completa di quello che fu uno stile artistico capace di usufruire dello spazio della tela per esprimere, in tanti modi differenti, la libertà di pensiero e di azione dell’individuo e che riuscì ad influenzare con la sua forza travolgente tutto il mondo.
Jackson Pollock, Number 27, 1950
Lee Krasner, The Guardian, 1960
Franz Kline, Mahoming, 1656
Willem de Kooning, Door to the river,1960
Marc Rothko, Untitled, 1954